Regione Calabria: “La tutela? Non è nostra competenza”
L’ex colonia greca, oggi parco archeologico, è salva grazie a collette, opere di volontariato e i contributi occasionali delle istituzioni. Due mareggiate hanno eroso parte del tempio dorico. L’archeologo: “Se non si trovano soldi per salvaguardare l’area, bisogna coprire tutto entro l’inverno”
C’è un tesoro dimenticato nel profondo Sud Italia. È il parco archeologico di Kaulon, sul litorale di Monasterace, in provincia di Reggio Calabria, che rischia di essere risucchiato dalle onde del Mar Ionio per colpa dell’inettitudine politica. Lo scorso inverno due mareggiate hanno eroso la duna di sabbia che separa la polis greca dalla battigia provocando il crollo delle mura e degli altari del tempio dorico e della parte orientale dell’antico abitato.
Solo nell’emergenza il sito attira l’attenzione dei piani alti e qualche investimento straordinario. Come i 300 mila euro stanziati il 2 febbraio dal ministero dei Beni culturali per un piano di salvataggio dell’area. Ma “questi soldi potrebbero non essere sufficienti per la messa in sicurezza di tutta l’area lunga la costa”, avverte Maria Teresa Iannelli, direttrice della Sovrintendenza archeologica della Calabria. In questo momento sono all’opera i geologi per misurare la resistenza della sabbia e nei prossimi mesi è prevista la costruzione di una barriera di protezione. “Dopo la prima mareggiata la Provincia aveva stanziato 60 mila euro per realizzare una palizzata di pietre, che però non è servita ad arginare l’acqua sui lati durante la seconda burrasca – spiega Iannelli -. Oltre alla barriera esterna, ne servirebbe anche una subacquea per spezzare la forza del mare”.
L’ex colonia greca di Kaulon, scoperta nel 1911 dall’archeologo Paolo Orsi, è salva grazie a collette, opere di volontariato e i contributi occasionali delle istituzioni. “Fare gli scavi conta poco se non possono essere conservati nel futuro”, sottolinea Francesco Cuteri, 51 anni, l’archeologo che dal 1998 dirige gli scavi nel sito e nel 2013 ha portato alla luce il più grande mosaico di epoca ellenistica nella Magna Grecia, di 30 metri quadrati, raffigurante un corteo marino sulla pavimentazione della sala termale. Un anno prima nella Casamatta ne era stato ritrovato un altro, di 25 metri quadrati, con l’immagine di un enorme drago contornato da un rosone e motivi floreali. L’attiva di scavo si riduce a due mesi l’anno, luglio e agosto, e viene svolta gratuitamente dal team di Cuteri e dagli studenti dell’Università di Pisa e Firenze (vitto e alloggio almeno sono a carico del Comune di Monasterace e della Sovrintendenza dei beni culturali). L’ultimo restauro fatto risale al 2008.
“Il tempio però non siamo mai stati in grado di ristrutturarlo”, denuncia la direttrice della Sovrintendenza. Poi il grido di aiuto dell’archeologo: “Se non si trovano soldi per salvaguardare l’area, bisogna coprire tutto entro l’inverno”. Nel 2012, 44 studenti dell’Istituto comprensivo “Amerigo Vespucci” di Vibo Valentia hanno lanciato la campagna “Adotta il drago”, promossa sul portale web del Miur, per raccogliere i fondi destinati al recupero del mosaico del drago, che altrimenti sarebbe rimasto interrato. “Alunni, genitori e insegnanti della scuola hanno donato cinque mila euro, spesi in parte l’anno scorso per acquistare gli attrezzi e quest’anno per pagare il vitto agli archeologi – comunica la dirigente scolastica, Maria Salvia – Finora sul conto corrente della scuola c’è stato un solo versamento esterno, di 10 euro, da parte di un bambino di sette anni, che vive in Puglia e ha costretto il padre ad andare alle Poste per salvare il drago”.
La campagna “Adotta il drago” si inserisce nel progetto regionale “Calabria Jones”, che ha l’obiettivo di fare conoscere ai bambini i siti archeologici sul territorio. “Viviamo in una città con un alto tasso di criminalità organizzata, nel nostro istituto tanti studenti hanno i genitori in carcere – commenta la dirigente -. Attraverso iniziative del genere facciamo vedere ai ragazzi che ci sono alternative al degrado”. Ma una colletta scolastica non può bastare a risollevare un pezzo del patrimonio culturale italiano. La manutenzione dell’area non è in programma. Il taglio di erbacce e sterpaglie avviene una volta all’anno verso la metà di giugno. Per il resto la pulizia è affidata alla buona volontà dei cittadini di due associazioni, “Ereticamente” e “Orme del parco”, che da due anni organizzano la giornata “Ambientiamoci” per ripulire il luogo.
“Il cittadino deve smettere di essere spettatore passivo – chiosa Nuccio Cantelmi curatore del blog Ereticamente -. Dopo esserci occupati di salvaguardare il bosco dell’Archiforo di Serra San Bruno abbiamo deciso di accendere i riflettori su Monasterace perché rischia di scomparire per sempre e c’è veramente poco tempo per correre ai ripari”. “Il tempo delle deleghe in bianco è finito – dice invece Massimiliano Capalbo, amministratore di Orme nel Parco-. Ci sono alcune scelte strategiche che vanno compiute per il bene di questo territorio e noi vigileremo perché ciò avvenga. Non è importante chi andrà al governo di questa regione nel prossimo autunno, l’argomento ci appassiona poco. A chiunque andrà metteremo fiato sul collo”.
La Regione Calabria, interpellata, si difende dicendo che “la salvaguardia e la tutela di Kaulon non rientra nelle sue competenze” e che al massimo “può valorizzare” quello che già esiste. Allora perché non far pagare il biglietto ai visitatori? Solo nel 2013 sono passati di lì 4639 turisti senza versare un centesimo.